Bitcoin e dichiarazione dei redditi: una guida semplice

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Le criptovalute sono un trend finanziario in forte ascesa. La prima a essere introdotta, nonché la più famosa, è il Bitcoin, presente fin dal 2010, anche se l’ideazione a livello concettuale risale al 2008. In questo articolo cerchiamo di fare chiarezza su una delle questioni centrali e quantomai attuali quando si parla di bitcoin e fisco, proponendovi una guida semplice, ma non per questo meno esaustiva e utile, per la dichiarazione dei redditi.

Cosa dice la legge italiana

La prima cosa che è importante sapere è che per quanto riguarda i bitcoin l’Agenzia delle Entrate prevede l’inserimento obbligatorio nella dichiarazione dei redditi. Diversamente si va incontro a dei rischi importanti, a cominciare da quelli di tipo sanzionatorio, secondo un importo compreso tra il 3 e il 15% per quanto non dichiarato, capace di raggiungere percentuali tra il 6 e il 30% qualora subentrassero situazioni quali quelle di blacklist. Non solo, se i bitcoin nella dichiarazione dei redditi vedono un reddito annuo superiore ai 50 milioni di euro, è prevista persino la reclusione.

Come si può vedere, la dichiarazione dei redditi da bitcoin non va presa alla leggera. Le sanzioni e i rischi di trovarsi ad affrontare problematiche importanti sono reali, motivo per cui non vanno mai sottovalutati. È necessario tenere presente che i controlli della Guardia di Finanza sono particolarmente attivi: motivo in più per tutelarsi, visto che le conseguenze sono reali.

L’Italia è stata tra i primi Stati a offrire una panoramica chiara per quanto riguarda bitcoin e fisco. L’ha fatto in un’ottica antiriciclaggio e secondo quanto disposto all’articolo 4 del D.L 167/90, in cui obbliga i possessori di bitcoin a presentarli nella dichiarazione dei redditi annuale.

Cos’è il monitoraggio fiscale

Il monitoraggio fiscale è imprescindibile per i possessori di criptovalute e bitcoin. Si tratta di un’attività che consiste nella necessità comunicare all’amministrazione finanziaria che sono presenti attività di tipo estero, come sono appunto proprio le criptovalute e i bitcoin, in grado di generare un reddito di tipo imponibile a livello fiscale.

In parole semplici, significa cheanche se le criptovalute non generano ricchezza, vanno comunque dichiarate. Il monitoraggio fiscale non vede il pagamento di alcuna tassa: consiste, quindi, nell’avvisare lo Stato che si è in possesso di un bene particolare quale sono le criptovalute.

Questo sempre che la giacenza non sia superiore a 51.645,69 euro per sette giorni consecutivi: qualora si verificasse tale eventualità sarà indispensabile effettuare il pagamento di un’imposta sostitutiva pari al 26%.

Nonostante lo Stato sia stato chiaro in maniera inequivocabile su tale tematica, sono diverse le persone a prendere sotto gamba la questione dell’inserimento dei bitcoin nella dichiarazione dei redditi. Essa, invece, richiede un’attenzione particolare, visti i rischi previsti in caso di mancato adempimento che, come abbiamo accennato, sono assolutamente degni di nota, a livello sanzionatorio e non solo.

Cosa si rischia in caso di mancato adempimento

La dichiarazione dei redditi dei bitcoin è qualcosa che, se non effettuato, anche quando non genera un reddito diretto rischia di avere conseguenze decisamente spiacevoli. Se non conseguito il monitoraggio fiscale, il rischio è quello di pagare una sanzione che va dal 3 al 15% rispetto al valore finale dell’importo finale non dichiarato: numeri anche importanti visto il valore notevole che presentano le criptovalute.

La situazione peggiora nel caso ci si trovi in casi legati a blacklist o paradisi fiscali in cui la mancata dichiarazione dei bitcoin all’agenzia delle entrate va dal 6 al 30% in relazione all’importo non dichiarato.

Le cose si complicano ulteriormente qualora non si inserissero i bitcoin nella dichiarazione dei redditi e il loro valore risultasse in grado di generare un introito annuo in grado di superare i 50.000 euro. Essendo considerata l’evasione superiore ai 50.000 euro annui, la legge prevede per la persona una situazione quale quella di reclusione.

Concludiamo, dicendo quindi che non dichiarare le criptovalute rappresenta un rischio grande e persino un errore importante, viste le conseguenze importanti che un simile gesto comporta. Motivo in più per scegliere di affidarsi a professionisti in grado di gestire la questione fiscale nel modo opportuno, i quali è imprescindibili presentino una specifica specializzazione sul tema e rimangano aggiornati sulle disposizione in materia, rivelandosi in grado di rispettare le scadenze.

In ogni caso, è importante tenere la loro attività sotto controllo. Particolarmente utili in tal senso le tecnologie informatiche di ultima generazione, che permettono di annotare su file informatici come quelli excel, da tenere a portata di smartphone, tutti i movimenti delle criptovalute. Una soluzione sia per aver sempre controllo le proprie finanze sia per verificare e persino indirizzare il lavoro del commercialista nel caso dell’introduzione dei bitcoin nella dichiarazione dei redditi.

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